Di Giulia de Cataldo 20 anni
I numeri parlano chiaro. Nel 2008 nel terzo municipio nascevano 1973 bambini, nel 2017 calavano a 1583 e nel 2022 secondo l’ISTAT se ne prevedono 1250 circa. Cioe’ in soli 14 anni abbiamo avuto 700 culle in meno. Spaventoso!!!!.
Parliamoci chiaro, non è difficile individuarne il motivo. Certo il Covid ci ha messo del suo. Il timore del contatto, la caduta verticale dei matrimoni, l’incertezza economica e lo stress del lock down, hanno favorito una gestione autoprotettiva che non ha previsto un allargamento della famiglia. Ma la discesa della natalita’ negli ultimi 15 anni ha cause diverse e ben più profonde. Il concetto di famiglia nel bene e nel male è profondamente cambiato. Matrimoni religiosi spariti, dimezzati quelli civili, sostituiti da unioni spesso precarie. La donna bada molto più a sé stessa, al proprio lavoro, al tempo libero e l’uomo non è certo piu’ il capo famiglia di allora e di questo quasi se ne compiace e ne viene sollevato, tutto ciò porta ad una programmazione sempre più avanti d’età del concepimento. Anche il senso religioso è ridotto a cerimonie banchettiste voujeristiche ed esibizioniste. Le nuove generazioni solidali LGBT, tutto birra, Instagram e tattoo, inchiodate nel presente, a tutto pensano meno che a fare progetti familiari e poi vicini alla trentina sono assorbite da lavori precari e problemi d’alloggio. Finalmente raggiunta una maturita’ ed un impiego fisso, alcuni decidono che è ora di fare figli, magari uno soltanto, come un oggetto in piu’ nella propria casa. Altri invece come arguti ragionieri dicono a sé stessi “Con una casa ed un lavoro sicuro ora la vita me la voglio godere, al massimo mi metto a casa un animale domestico e poi via con viaggi, Pilates, Zumba, Nails, Spritz!“ Questa societa’, profondamente autoreferenziata, narcisista e assorbita da migliaia di nuove opportunita’ e strumenti tecnologici di cui godere, come può pensare a mettere al mondo un figlio? La percentuale delle nascite fra stranieri non diminuisce così rapidamente e presto il rapporto rispetto a quelle nostrane di 2 a 10, sarà della metà fra una decina di anni, ma allora non parleremo più solo di culle ma di aule vuote. Qualcuno dirà “E allora?”. Probabilmente a nulla varranno le prediche papali per una ripresa di un’etica procreazione responsabile o gli annosi rimandi ad antichi valori, né tantomeno i bonus e gli incentivi statali per la famiglia che non incideranno sullo status mentalis di eventuali procreandi. La mutazione straordinaria antropologica, etica e tecnoculturale a cui siamo sottoposti non prevede un cambiamento di scenario almeno fin quando i valori sono quelli odierni. Ci vorrebbe una metamorfosi, ma di quelle fondamentali, un edificio da abbattere ed un altro da ricostruire con materiali del tutto nuovi che ci riporti al vero senso della vita umana di cui abbiamo perso le tracce.

Renato Caldiera, Luciana D’Angelo e altri 4